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Hard & Soft è un progetto dell'artista architetto designer Nanda Vigo, concepito e realizzato per lo spazio espositivo di Luca Preti a Milano.

In occasione del Fuorisalone 2019, la galleria si trasforma per mezzo di una serie di interventi giocati sul contrasto tra superfici specchianti (componente Hard) e inserimenti di morbido pelo di Mongolia (componente Soft). Contrasto sublimato dalla presenza dell'elemento luminoso declinato in blu, un colore matrice nella filosofia buddista.

H&S mirror 1 © M.Tedeschi

H&S mirror 1
© M.Tedeschi

H&S mirror 2 © M.Tedeschi

H&S mirror 2
© M.Tedeschi

Stars fell on Alabama © M.Tedeschi

Stars fell on Alabama
© M.Tedeschi

H&S mirror 3 / H&S mirror 4 © M.Tedeschi

H&S mirror 3 / H&S mirror 4
© M.Tedeschi

H&S Table © M.Tedeschi

H&S Table
© M.Tedeschi

Il rapporto tra spazio e luce, in particolare quella artificiale, è una costante del lavoro sperimentale e multidisciplinare di Nanda Vigo, che già allo scadere degli anni ‘50 ne fece il tema dominante della propria ricerca artistica: nella Zero House (Casa Pellegrini), opera-manifesto del 1959, la spazialità era determinata dalla luce e dalla sua interazione con le superfici di vetro satinato. La spiazzante tematica Soft, ulteriore componente sensoriale volto alla definizione dello spazio come di un ambiente, affonda a sua volta le radici nei morbidi rivestimenti di arredi fissi — in particolare la scala a chiocciola – antitetici al «corpo» architettonico bianco e lucido della casa Lo scarabeo sotto la foglia, di cui Gio Ponti le affidò la realizzazione degli interni (1964-’68).

Lo spazio espositivo su due livelli affacciato sulla via San Marco è sovrastato da un modulato soffitto scultoreo le cui sfaccettature acuminate sono retroilluminate da luci bianche e blu; in aggiunta, le superfici verticali dell’architettura sono valorizzate da elementi specchianti a tutta altezza — sempre retroilluminati in blu — che, aumentando la profondità dello spazio e proiettandolo verso l’esterno, generano, assieme al soffitto luminoso e riflettente, un ambiente smaterializzato in cui la dimensione dello spazio viene alterata nella percezione del visitatore.

Come sempre nell’opera di Vigo, un’istanza di carattere artistico porta a trascendere la realtà fisica: specchi e luce artificiale blu ne sono gli elementi modificatori e non deve trarre in inganno, rispetto alla natura artistica dell’intervento, che esso agisca su uno spazio architettonico, coinvolgendo oggetti anche funzionali.
In tale prospettiva sono collocati, entro l’installazione, il lampadario a sospensione Stars Fell on Alabama (chiamato così in omaggio alla famosa canzone jazz interpretata da Frank Sinatra) e le altre realizzazioni in edizione limitata della collezione prodotta da Luca Preti, che viene contestualmente presentata al pubblico, completando il concetto di fondo Hard & Soft: una serie di specchiere con cornice Soft retroilluminata di blu, disponibili in una versione quadrata e tre diverse versioni circolari, e il tavolo dissimmetrico con piano in cristallo e struttura in parte specchiante e in parte in pelo di Mongolia. Mentre in interventi precedenti, come la collezione Top (1970) o la sedia Due Più (1971), l’elemento Soft caratterizzava superfici normalmente deputate a un contatto fisico con il corpo (sedute, schienali, braccioli, gradini, ecc.), enfatizzando visivamente il potenziale di tale morbido incontro, qui sono coinvolte parti degli oggetti che vedono la propria semantica capovolta: elementi strutturali diventano accoglienti.

L’installazione e la relativa collezione Hard & Soft nascono come proseguimento della collaborazione tra Nanda Vigo e Luca Preti, che ha dato origine, nel 2017, alla realizzazione di Global Chronotopic Experience, presentato al pubblico a Ottobre del 2018: un ambiente totalizzante scaturito dalla volontà di rivisitare — amplificandolo nelle dimensioni e nelle implicazioni percettive — l’Ambiente Cronotopico originariamente concepito da Vigo nel 1967.

Se l’ambiente Global Chronotopic Experience costituiva, nell’invaso della chiesa romanica di San Celso, una dimensione «altra», a sé stante, in cui lo spettatore entrava e si immergeva indisturbato — e (rigorosamente) isolato — l’installazione-esposizione Hard & Soft, invece, dialoga puntualmente con l’architettura ospitante, lo spazio esterno e gli elementi di arredo della collezione, vere e proprie «opere», integralmente appartenenti all’intervento. Nella ricerca di Nanda Vigo, infatti, il concetto pontiano di «intervento globale» è inevitabilmente assoggettato all’istanza artistica: ne risulta, in ultima analisi, un’«opera abitata da opere». Gli arredi della collezione, destinati nel caso specifico a sopravvivere all’intervento effimero, rimangono portatori del suo «codice genetico».

Luigi De Ambrogi